(Adnkronos) – Sono circa 120mila le persone colpite da ictus ogni anno in Italia e, di queste, circa 45mila sviluppano disturbi neurologici come la spasticità, una condizione invalidante che comporta difficoltà nei movimenti, con contrazioni muscolari che rendono difficili e dolorosi anche semplici gesti quotidiani. La spasticità si presenta in circa il 19% dei casi a 3 mesi e fino al 38% a un anno dall'episodio acuto, eppure a oggi solo il 18% delle persone che superano la fase acuta riceve una diagnosi di spasticità e soltanto 5mila beneficiano del corretto trattamento. Informazione e tempestività di intervento sono i principali bisogni emersi dall'indagine condotta da Elma Research, istituto di ricerche di mercato specializzato nel settore della salute, e promossa da Ipsen, azienda biofarmaceutica impegnata da oltre trent'anni nelle neuroscienze. La ricerca è stata realizzata grazie alla partecipazione di un campione di 60 persone con spasticità post-ictus e presentata attraverso un video-testimonianza in occasione della Giornata mondiale dell'ictus che si celebra il 29 ottobre. Più della metà dei pazienti intervistati (57%) non sono stati informati preventivamente della possibilità che dopo l'ictus insorga la spasticità – si legge nel report – e solo un quarto si dichiara ben informato su questa condizione che compromette lo svolgimento anche di semplici attività quotidiane, con un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie. "I dati emersi dalla ricerca ci dimostrano quanto sia importante informare correttamente le persone fin da subito sui disturbi che possono insorgere dopo l'ictus, come la spasticità – afferma Andrea Vianello, presidente della Federazione A.L.I.Ce. Italia ODV (Associazione per la lotta all'ictus cerebrale) – Questa condizione invalidante si verifica spesso a distanza di mesi e addirittura di anni dall'episodio acuto e, se non correttamente riconosciuta dal paziente, si rischiano importanti ritardi nella sua gestione, con conseguenze sulla sua autonomia e sulla qualità di vita di tutto il nucleo familiare". Il tema scelto dalla World Stroke Organization per l'edizione 2024 della Giornata mondiale contro l'ictus cerebrale, #GreaterThanSktroke, "rispecchia la necessità di seguire la persona colpita da ictus in tutte le fasi – prosegue Vianello – dalle persone stesse colpite da ictus che lavorano ogni giorno per riprendere in mano la propria vita ai caregiver che li assistono e li supportano, dai team sanitari che corrono contro il tempo per salvare vite umane agli specialisti della riabilitazione che fanno muovere le persone un passo alla volta: la lotta all'ictus cerebrale deve essere vista come un gioco di squadra perché insieme siamo #PiuFortidellIctus. E siamo convinti che, insieme, anche con la spasticità, si possano riconquistare i gesti semplici che danno un senso alla vita".  Oltre la metà degli intervistati – riporta una nota – ha dichiarato di essersi rivolta nel tempo a più figure professionali per la gestione della spasticità post-ictus, in primo luogo al neurologo ospedaliero (58%) e al medico di medicina generale (57%). Se interrogati sulle aree di maggiore bisogno, quasi 7 intervistati su 10 evidenziano come priorità il riconoscimento della spasticità post-ictus e l'accesso alle cure (69%) e oltre la metà (55%) vorrebbe essere più informata sulle opzioni di trattamento disponibili e su come accedere ai percorsi di gestione di questa condizione invalidante. "La gestione della spasticità post-ictus richiede un approccio multidisciplinare, personalizzato e prevede inoltre la combinazione di terapie farmacologiche e neuro-riabilitative – spiega Antonio Suppa, professore del Dipartimento di Neuroscienze umane, Sapienza Università di Roma e Irccs Neuromed – Tra le opzioni terapeutiche farmacologiche, abbiamo a disposizione la tossina botulinica che, bloccando temporaneamente la trasmissione neuro-muscolare, determina una riduzione della spasticità favorendo un recupero funzionale. Infine, la tempestività nell'individuazione e gestione della spasticità post-ictus è fondamentale per favorire il recupero e il mantenimento delle funzioni motorie da cui dipende, in ultima analisi, l’autonomia del paziente". L'autonomia è, infatti, una delle priorità emerse nell'indagine, con la quasi totalità delle persone intervistate (90%) che hanno dichiarato di avere bisogno di supporto per la gestione del percorso sanitario, dalla prenotazione di visite ed esami all'accompagnamento nelle strutture sanitarie. Inoltre, 7 pazienti su 10 evidenziano la necessità di essere aiutati nello svolgimento di attività domestiche quali la pulizia della casa, la spesa, e il 60% si dichiara non autonomo nella gestione di bisogni primari quali la cura della persona e l'alimentazione. Come racconta il video-testimonianza realizzato da Ipsen ed Elma Research in collaborazione con A.L.I.Ce. Italia OdV, da oggi disponibile sul canale YouTube di Ipsen e www.aliceitalia.org. "Dalle testimonianze raccolte emerge l'impatto significativo della spasticità sulla qualità di vita, in particolare sul piano della quotidianità e del movimento, con la necessità per alcune persone di riorganizzare la propria casa e i propri spazi di vita – commenta Simona Granata, Director Qualitative Research di Elma Research – Sintomi invalidanti che incidono sul piano psicologico e causano stati di rabbia, depressione e ansia, conseguenze dell'evento traumatico e della nuova condizione di perdita di autonomia legata alla spasticità. Di fronte a questi cambiamenti, la perdita di autonomia si riflette spesso nella rinuncia a viaggi, sport e passioni coltivate nella vita pre-ictus, ma per alcuni può favorire l'emergere di nuove passioni dopo l’evento ischemico, ad esempio in molti casi i più giovani ritornano a dedicarsi allo studio e alla formazione". Nelle interviste si evidenzia anche l'impatto economico della perdita di autonomia associata alla spasticità post-ictus, a causa della necessità dei pazienti di ridimensionare la loro attività lavorativa e in molti casi di abbandonare il lavoro. Una riduzione delle possibilità lavorative che spesso si accompagna alla necessità di integrare le prestazioni sanitarie erogate dal Ssn, con il ricorso all'assistenza sanitaria privata per raggiungere un buon livello di continuità, costanza e intensità degli interventi necessari a migliorare la condizione determinata dalla spasticità post-ictus. "L'indagine e le testimonianze raccolte mettono in luce non solo l'impatto della spasticità post-ictus sull'autonomia e la qualità di vita, ma raccontano anche il difficile percorso dei pazienti e delle loro famiglie per riprendersi quei gesti semplici che riempiono di significato la quotidianità di ognuno – conclude Patrizia Olivari, presidente e amministratore delegato di Ipsen Italia – In Ipsen da oltre 30 anni lavoriamo sul fronte della ricerca medico-scientifica per il trattamento della spasticità e il nostro impegno abbraccia i vissuti e i bisogni di chi affronta questa condizione invalidante. Per questo riteniamo sia fondamentale un impegno collettivo per garantire corretta informazione e tempestività della gestione multidisciplinare, affinché tutte le persone che dopo l'ictus sviluppano spasticità si sentano adeguatamente accompagnate nel loro percorso di ritorno a una vita di qualità". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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